Shopping –T

ENG
2005
In our daily practice of getting dressed and undressed, quite often we develop a familiarity and a closeness with the clothes, not only as functional objects but as the actual pieces of fabric or other various materials, in a way that enables us to establish feeling of intimacy, sometimes even closer to a unique relation varying from simple predilection up to full longing or a sort of dependency. The deep psychological entanglement generated enters into a complex state which is typically related to a feeling of comfort or discomfort. It’s inevitable to think about the proximity with our bodies the body - as we have learned to know - is very much the extension of our senses, our sensorial relation to the external world. But sometimes in our daily experience of life we tend to perceive a fearful relation, a sense of isolation, far from a well being. Clothes most of the times are the frame that facilitate our relations with the outside. How to bridge the perceived gap and the distance between the "internal" feeling and the perception of the outside, the “other" world ? My recent practice has been concerned with and attracted by a series of factors, most of them related to ideas of feeding and absorbing, like all the natural processes of eating/feeding; I found interesting that by the use of specifically designed clothes I could develop a clothes' line able to embody and carry out such an absorbive process. By collecting vegetables and fruits, I can literally "absorb" the surrounding world of natural products in the physical presence of a human body. At the same time, this whole process is re-shaping usual figures and silhouettes into completely re-invented forms, still very much organic, but totally sculptural, and in continuous adaptative transformation. The playful attitude and the "touch and feel" aspect of this practice place such a series of clothes closer to an interacted idea of art, an "aesthetic investigation ended up transforming itself into the ethical question par excellence
Shopping-t, symbol of the gift with an economy of exchange.
The gift can build relations. If you receive a gift you are let to give it back, and therefore you will enter in a movement, in a circuit, in a choreography of circular behaviours. Linked between each others, these actions and gestures of reflecion can establish interpersonal relationships.
The gift goes from habd to hand, as in the mythological image of the Three Graces, where the form of the circle is a figure of the other receive it, the third give it back.
In this case the title Shopping-t, is a ironic homage to the circulation of object that become gift.

ITA
Nella nostra pratica quotidiana di vestirsi e rivestirsi, molto spesso sviluppiamo una familiarità e una prossimità con gli abiti, non soltanto come oggetti funzionali, ma anche in quanto pezzi, parti di diversi tessuti e di altri vari materiali, permettendoci di sviluppare sentimenti di intimità avvicindoci a forme di relazione che possono variare dalla semplice predilezione, fino ad un desiderio o a una vera e propria dipendenza. La profonda connessione psicologica generata forma uno stato complesso che si relaziona a un senso di confort o di malessere. E’ inevitabile pensare così alla prossimità con i nostri corpi. Il corpo, così come abbiamo imparato, è davvero l’ estensione dei nostri sensi, la nostra relazione sensoriale con il mondo esterno. Qualche volta però nella nostra quotidiana esperienza di vita, possiamo anche percepire una relazione che ci spaventa, un senso di isolamento che è distante dal benessere o dal sentirsi a proprio agio. I vestiti il più delle volte sono quella cornice che facilita la nostra relazione con il mondo esterno. Come si può capire il senso di distanza fra quel sentimento interno ( la percezione di Sé) e la percezione del mondo esterno? La mia pratica più recente si è incentrata su una serie di fattori, la maggior parte dei quali sono legati a idee riguardanti i processi di alimentazione e assorbimento così proprio come i processi naturali, di consumo e assimilazione alimentare. Ho trovato interessante infatti che grazie all’ uso di abiti specificamente progettati, potessi sviluppare una linea di vestiti scultura, in grado di rappresentare e compiere un simile processo di assorbimento. Attraveso l’ atto di raccogliere frutta e verdura, posso assorbire letteralmente il mondo dei prodotti naturali che ci circonda grazie alla presenza fisica di un corpo umano. Allo stesso tempo questo processo è in grado di ridisegnare le forme abituali e le silhouettes in forme completamente reinventate, ancora decisamente organiche ma già completamente scultoree, e in una trasformazione adattativa continua. L’ attitudine giocosa e l’ aspetto sensoriale (tocca e percepisci) di questa pratica rende questi vestiti più vicini a un’ idea di arte interagita, “un’ esplorazione estetica che ha finito col trasformarsi in una domanda estetica par excellence: Perché il corpo non può liberarsi dal dolore?”