2012
dialogo tra Yuri Elena e Paola Anzichè

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è più forte l'immagine o il significato contestuale che si ha di essa?

Quello che vedi è un definitivo atto formale o la parte di un processo di creazione della forma stessa?
è più interessante il veduto o le infinite traiettorie percorribili che potrebbero arenarsi in infinite scene, con infinite immagini?
Paola Anziché ci conduce a queste domande,lo fa attraverso una pratica di architettura del piano visivo nella quale destituisce e restituisce senso ad oggetti,spazio ai corpi e offre sguardo alla visione degli spettatori. Un'enorme ragnatela di possibili sentieri nella quale l'artista propone le proprie interpretazioni ottiche. Non ne esclude altre.
Quello che non vedi è ciò che potrebbe succedere,e che già esiste nei tuoi occhi.
Chi guarda un lavoro come “Tapis-a-porter,”ad esempio disegna in se un ennesimo atto performativo, nel quale il piano prospettico può essere rivoluzionato o ripercorso interpretando l'opera e rendendole una nuova vita attraverso la rifrazione plastica delle immagini.
Il tuo lavoro sembra a volte molto teatrale, ne mutua alcune dinamiche fondamentali. Nasce un rapporto con chi osserva: attese, illusioni, riformulazione e soprattutto lo sviluppo di quegli elementi
che ricompongono la scena nello sguardo dello spettatore:

-P:

Le mie ricerche e sculture nascono da interessi che sono legati ad un processo creativo che,
volta per volta (a seconda delle specifiche esigenze legate al lavoro, o a un progetto..), viene portato alla luce attraverso la performance. Non mi soffermo su una singola tipologia di lavoro… ne' mi preoccupo di "cambiare" spesso quelle che sembrano le caratteristiche formali del lavoro, spesso si tratta solo di terminologie… il tipo di lavoro che m'interessa sviluppare muta prendendo sempre forme differenti proprio in relazione agli specifici interessi determinati da ricerche che porto avanti. Certo che in alcuni lavori come Tapis-a-porter le traiettorie sono molteplici, il lavoro è nato sempre in stretta collaborazione con le performer, ad esempio quello che vedi nel video è il risultato di una settimana di lavoro.
Quello che mi interessa è anche il campo delle potenzialità che nascono proprio dalle dinamiche
di interazione e interferenza fra le persone coinvolte. Nelle performance si vede il processo nel suo farsi più che non un semplice risultato estetico. L'opera richiede sempre una partecipazione corporea, per essere realizzata… Perchè non mostrare questo aspetto nel suo divenire?

-Y:
A volte sembra esserci una volontà tesa a creare un'esperienza euristica su ricerche passate,pratiche contemporanee e suggestioni piu intime e personali.
È un dedalo di possibilità,nella quale lo spettatore può riconoscere un archetipo stratificato,un elemento contemporaneo, una figura retorica, renderla immagine, per un istante fermarla per poi mutarla in un'altra immagine. Costruendo così un nuovo palcoscenico, un nuovo spazio.
Così se nel rapporto di coabitazione fra gli elementi c'è un forte richiamo delle pratiche del teatro contemporaneo, nel tuo approccio al piano scenico, invece, sembra esserci molto di cinematico in realtà.

P:

Il Discorso sul teatro e teatralità non mi interessa veramente, lo sento lontano: non ho interessi nei confronti della maggior parte delle caratteristiche che formano il teatro, proprio la messa in scena...la regia, la drammaturgia...( anche nel caso del "nuovissimo teatro"..i nuovi gruppi che emergono ogni quattro anni) ovvero tutto un discorso sulla "rappresentazione" , e i suoi limiti e le sue possibilità..etc..etc..
Nel mio caso mostro i risultati possibili che nascono da alcune ricerche, ho un'immagine mentale lontana e distante che si attua in maniera molto diversa caso per caso..in Aggrovigliamenti avevo in mente un mare, e con la partecipazione delle persone la grande rete verde è diventata una marea in pulsazione ma è nato anche dall'interazione con il materiale usato. (elastici a fettucce)..
Il "qui è ora" sono il fondamento della performance.
Più che di cinematica forse potremmo parlare di cinetico…nel senso che sono proprio interessata a vedere come risultano le interazioni fisiche e dinamiche fra delle idee e come le traduciamo in gesto, azione e coreografia…

La prima “figura” di pubblico dei tuoi spettacoli sembri proprio tu.
A volte interagisci come un occhio attivo però,che interviene fisicamente ,in maniera anche invadente direi,nella composizione del piano scenico,disponendo e strutturando l'azione.
Come vivi questa tua presenza fisica attiva dentro gli occhi di chi guarda?

P:

In alcuni lavori passati, la mia presenza più che invadente è necessaria, perché sono io parte in causa
esattamente come le performer e mi metto quindi allo stesso piano ..

Parlaci un po del tuo ultimo viaggio in Brasile:
che paese hai trovato?

P:

Ho vinto una Residenza d'arte a Capacete, passando del tempo a Rio de Janeiro e Sao Paulo, tramite Resònetwork Piemonte.
Era da molto tempo che volevo visitare queste due metropoli, per interessi culturali, musicali e non solo… Non ero mai stata nei paesi dell'America Latina, e dopo la prima settimana ho avuto una forte sensazione, quella di una assoluta sintonia,che si veniva a realizzare con chiunque incontrassi.
Oltre a cercare fra archivi e biblioteche, mi prendevo il tempo per camminare anche per ore visitando e
toccando con mano la realtà fisica materiale di un paese, e contemporaneamente incontrando e trovando un'apertura, una disponibilità umana incredibile,mai incontrata prima,che è andata crescendo con il tempo.
Seguivo diversi percorsi di indagini… da un lato figure e personaggi di cui avevo solo il nome e poche
informazioni sommarie: ho voluto approfondirli, e dedicarci del tempo per cominciare un vero e proprio lavoro di scavo (come ad esempio la figura di Flavio de Carvalho)
E da un altro punto di vista, mi sono dedicata a studiare ed approfondire l'insieme delle conoscenze (rituali antropologiche musicali…) che stanno alla base degli stati di Transe legati alle religioni popolari note come il Candomblè, e le influenze rituali ereditate dalle radici africane…etc…


Veniamo ora al lavoro su Lygia Clark, credo sia qualcosa che tu hai covato per molto tempo,
da dove nasce?

P:

Si certo…come ben hai notato, il mio interesse nella comunicazione attraverso il corpo, la psicoanalisi, gli stadi di memoria..l'esperienza comune, la partecipazione diventando uno scambio di energie …
Nel 2004, quando vivevo in Germania a Francoforte, vidi delle immagini enigmatiche: erano la documentazione della classe di Lygia Clark alla Sorbonne a Parigi tra il 1970-'75… nota come "architetture biologiche". Le esperienze sembravano il risultato di una performance, erano state ritratte in bianco e nero, (poi ne ho scoperte anche a colori) e la cosa che mi stimola di più è che non capivo come erano state organizzate, composte: dove era iniziavano e finivano, quali erano i tempi, quali erano le modalità… Da quelle forti impressioni ho iniziato a fare ricerche bibliografiche, volumi cataloghi e frequentando biblioteche, fino a quando nel 2009 ho avuto la possibilità di soggiornare a Parigi dove, oltre alle ricerche in biblioteca, ho affiancato un'indagine sulla "classe" dei partecipanti alle lezioni di L.C. Volevo dare voce ai partecipanti ai protagonisti, al periodo storico che è anche la chiave di lettura necessaria per avvicinarsi e capire un periodi storico e politico così distante…e cercare di ricostruire un insieme di memorie personali, ciò che non si trova scritto ne' dall'artista, ne' da chi ha fatto l'esperienza, ne' dai critici e studiosi d'arte che scrivono e leggono il lavoro dell'artista… Così proprio attraverso quelle immagini apparentemente enigmatiche si srotolano i fili della memoria….

Parlandoci la scorsa volta abbiamo usato un termine sul quale vorrei ascoltarti.
Una certa corrente di artisti brasiliani come Hélio Oiticica,Lygia Pape e Lygia Clark sembrano aver interpretato con straordinaria lucidità un certo modo di stare insieme che è proprio della cultura brasiliana. Ecco nello specifico:Quale pensi sia “il lascito” della figura di Lygia Clark?

P:

Possiamo dire che già in un continente (come il sud america) e sopratutto in una realtà fisica e spirituale (come il Brasile) la forza e l'importanza di una certa fisicità e sensorialita sono alla base della loro cultura: è il loro vocabolario, verbale, gestuale, espressivo, comunicativo, con una varietà e ricchezza di implicazioni a noi europei sconosciute che si impone…
Il linguaggio e il senso dello stare insieme informano tutte le manifestazioni della vita privata quanto pubblica. In relazione al lavoro di Lygia, è molto complicato poterne dare letture uniformate e univoche, proprio perché tale lavoro non ha una definizione unica.. l'artista ha sempre cercato di uscire da tutte le classificazioni..il suo era un lavoro di ricerca continuo, di superamento delle categorie stesse che fino a quel momento lì (e tuttora) regolano vita e arte, progetto e lavoro etc….
L'insieme della sua opera invita ogni potenziale spettatore ad entrare in una dimensione ben diversa dal consueto rapporto che abitualmente si ha con l'arte:

Sir Francis Bacon diceva una cosa che subito si è legata alla mia memoria quando ho visto il lavoro di Paola. Nel suo discorso sul Metodo,ragionamento volto al cogliere la conoscenza certa di un fenomeno, Bacon teorizzava due parti fondamentali: una “pars destruens” : ovvero quel procedimento mediante il quale per giungere alla conoscenza bisognava eliminare le antiche nozioni illusorie, gli “Idola theatri” radicati nel patrimonio umano. Poi, una pars costruens nella quale abitare il fenomeno di cui si sta prendendo visione ed esaminarlo,interpretarlo,formulare propri percorsi di conoscenza all'interno di esso. Ecco, come tanta parte del performativo che seguo vale un principio,per accostarsi all'opera: Sarebbe davvero un peccato cercare un punto di vista culturalizzato o dotto, preoccupato per lo piu di codificare i rimandi estetici a quella scuola piuttosto che ad un artista. Davanti ad ognuno di questi lavori cancellate tutto ciò che conoscete.
Entrate invece nel gioco che Paola ci propone. Reagite esclusivamente attraverso le onde emotive che rimbalzano dentro quel tempo, fluttuate,senza preoccuparvi della rotta, ma preoccupati invece di non perdere il paesaggio, sulle maree dell'inganno, sospeso e folle ,che l'artista riesce a mettere in scena.

P:

già da un po di anni ho sentito la necessità di lavorare sulla pratica di un'arte che si può condividere, esperire, scambiare, e trasformare in cui i parametri e caratteristiche vengono determinate anche da questi elementi potenziali che si realizzano solo con l'esperienza diretta

<< Il dominio dell’uomo consiste solo nella conoscenza: l’uomo tanto può quanto sa;
Però,nessuna forza può spezzare la catena delle cause naturali; la natura infatti non si vince se non ubbidendole »

Paola anziché sarà presente venerdì 2 dicembre,
allo spazio 26cc,in un talk con l'artista Vladimir Nikolov.
26cc/via Castruccio Castracane 26/ore 18.

dialogo tra Yuri Elena e Paola Anzichè

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