I progetti speciali di Greater Torino
2 Febbraio - 4 Marzo 2010
Greater Torino. Paola Anziché – Paolo Piscitelli, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo,
Torino

di Giorgina Bertolino

Ingombri
Centinaia di scatole di cartone, scotch, tute di carta da indossare. Con una serie di immagini, raccontate o fissate alle pareti dell’ambiente in cui si svolgerà il laboratorio, l'artista inviterà i partecipanti a costruire con le scatole di cartone dei punti d'appoggio e a saldarli al corpo. Il punto d'appoggio diventa base e, nello stesso tempo, ingombro. Crea nuovi punti di equilibrio ma è anche di ostacolo alla normale mobilità: camminare, stare in piedi, sedersi, alzarsi, avvicinarsi agli altri. Le singole costruzioni potranno rimanere isolate o essere sommate le une alle altre, dando vita a una complessa architettura effimera.
Il tema di Ingombri rispecchia puntualmente alcuni degli interessi, delle peculiarità e delle modalità della ricerca di Paola Anziché. Spaziando e Tapis-à-porter, esposti in Greater Torino, attestano la continuità tra l’opera finita e consegnata alla lettura del pubblico e l’attività del laboratorio. Un oggetto (un tappeto, una rete, una scatola, una t-shirt) è per l’artista uno “strumento”, un “dispositivo di interazione” messo in campo e offerto allo spettatore-partecipante per attivare un’esperienza condivisa nell’ordine delle percezioni dello spazio e del corpo. Tratto dall’orizzonte del quotidiano, fatto di materiali semplici come la stoffa o la carta, questo oggetto è referente di significati simbolici più o meno espliciti: il tappeto, metafora del nomadismo, copre una porzione di pavimento e di terreno, diventando per esteso un territorio; attraverso trama e ordito, la rete intesse e mette in

P. Piscitelli, Mu, scheda critica in E. Termine, Paolo Piscitelli. Some Prefer Nettles, Cangemi Editore, Roma 2007, p. 48.

vista un insieme di nodi, legami e intrecci; la scatola accoglie, chiude e trasloca, conserva e rimuove, fa da ripostiglio e da casa, da pieno e da vuoto. Al di là dei singoli portati, è con questa tipologia di cose che Paola Anziché avvia ciò che definisce un “processo scultoreo” mettendo continuamente in causa elementi quali il costruire, il fissare e il disfare. Nella scelta di operare entro i termini di un ossimoro - il processo/ la scultura - l’artista interroga le idee di equilibrio, di stabilità, di immobilità e insieme i loro contrari. Lo fa nella sfera della collaborazione con altri, in uno stato che potremmo definire di Physical Thinking . Chiamati a prendere posizione accanto a un grande tappeto appeso in mezzo al suo studio, coinvolti in una coreografia di passi e di movimenti in mezzo a una rete di elastici , o sollecitati a ingombrare il proprio corpo con una momentanea protesi di cartone, gli invitati alle azioni di Paola Anziché provano, misurano e spartiscono insieme a lei le abitudini scritte nella corporeità, quale superficie di scambio tra noi e il mondo. “Il corpo è la casa, è un’esperienza comune”, dice l’artista prendendo a prestito una frase di Lygia Clark, figura che insieme a Helio Oiticica, costituisce uno dei suoi riferimenti cardine, da esplicitare infatti nella forma dell’ “omaggio”, della ricostruzione e della ricerca.
Quelle abitudini del corpo, che l’artista chiama altrimenti “dimestichezze”, sono sospinte oltre: nel cimento della durata, nella tenuta e poi nello sciogliersi di una tensione. In Ingombri il processo scultoreo, singolo e collettivo, ruota intorno all’individuazione di un punto di equilibrio eccentrico che trasforma la scatola in puntello, stampella, guscio o carapace. L’attività di documentazione svolta durante il laboratorio, rientra nelle modalità della pratica dell’artista. La fotografia e il video, come ha giustamente sottolineato Francesca Pasini, “(...) da un lato ci fa capire il movimento percettivo della realtà, dall’altro mette in scena la decisione necessaria perché un’immagine acquisti quella specifica figura e non un’altra» .

Prendo a prestito il bellissimo titolo di un laboratorio che si è tenuto nel 2009 alla Tate Modern di Londra. L’istituzione inglese e, segnatamente, la sua articolata offerta per i pubblici adulti, costituisce un modello di riferimento per la ricerca svolta in questi ultimi anni in Fondazione,finalizzata all’elaborazione di nuove proposte di attività per i pubblici non-scolastici.
Le azioni descritte si riferiscono rispettivamente all’operazione documentata da una serie di fotografie scattate nello studio dell’artista nel 2008 nel corso del Residence Program Cité Internationale Universitaire de Paris (sostenuto da Fondation Biermans-Lapotre, Paris, Progetto Passaporto, Città di Torino, UniCredit Private Banking, Fondazione Spinola Banna per l’Arte organizd by Dena Foundation for Contemporary Art,at the Centre International d’Accueil et d’Echanges des Recollets, Paris); a Paesaggi Istantanei, in collaborazione con P. Mohovich Balletto dell’Esperia, a cura di L. Parola, Cavallerizza Reale/Manica Corta, Torino; ad Aggrovigliamenti un omaggio a Lygia Clark, Meteorite in giardino, a cura di M. Centonze, Fondazione Merz, Torino
F. Pasini, testo introduttivo alla personale dell’artista, Tapis- à- porter, a cura di F. Pasini, Careof, Milano, 2009.